Quando si può parlare di usura finanziaria?
Una prima definizione del concetto di usura è da ricercarsi nell'art. 644 c.p. il quale detta: " chiunque si fa fare o promettere, sotto qualsiasi forma, per se o per altri, in corrispettivo di una prestazione di denaro o di altra utilità , interessi o altri vantaggi usurari, è punito con la reclusione da due a dieci anni e con la multa da euro 5.000 a euro 30.000", proseguendo poi nella lettura del medesimo articolo, al terzo comma si legge :" la legge stabilisce il limite oltre il quale gli interessi sono sempre usurari. Sono altresì usurari gli interessi, anche se inferiori a tale limite, e gli altri vantaggi o compensi che, avuto riguardo alle concrete modalità del fatto e al tasso medio praticato per operazioni similari, risultano comunque sproporzionati rispetto alla prestazione di denaro o di altra utilità , ovvero all'opera di mediazione, quando chi li ha dati, o promessi si trovava in condizioni di difficoltà economica o finanziaria".
Usura Pecuniaria
Tale tipo di usura può essere definita pecuniaria, ovvero quando ha ad oggetto somme di denaro, oppure può essere definita usura reale quando ha ad oggetto qualunque altra cosa-oggetto diversa dal denaro. In questo secondo caso l'usura viene valuta dal giudice di merito a prescindere che il tasso sia legale o meno, quando ricorrono 2 presupposti ovvero: 1- difficoltà economica del soggetto passivo; 2- sproporzione degli interessi rispetto alla modalità di fatto.
Mutui usurai e Mutui Illegali
Anche il codice civile si occupa del problema usura e lo fa all'art. 1815 c.c. il quale detta: "Salvo diversa volontà delle parti, il mutuatario deve corrispondere gli interessi al mutuante. Per la determinazione degli interessi si osservano le disposizioni dell' articolo 1284. Se sono convenuti interessi usurari la clausola è nulla e non sono dovuti interessi". In virt๠del presente dettato normativo, la nullità appartiene alla clausola degli interessi e non al contratto. Tale art. 1815 c.c. è un' eccezione alla regola generale sancita dall'art. 1419 c.c. il quale detta: "La nullità parziale di un contratto o la nullità di singole clausole importa la nullità dell' intero contratto, se risulta che i contraenti non lo avrebbero concluso senza quella parte del suo contenuto che è colpita dalla nullità . La nullità di singole clausole non importa la nullità del contratto, quando le clausole nulle sono sostituite di diritto da norme imperative". Secondo tale art. 1419 c.c., in casi del genere, la nullità colpisce l'intero contratto e non la singola clausola degli interessi come invece afferma l'art. 1815 c.c.. Secondo tale a art. 1815 c.c. il mutuo diventa gratuito ovvero il debitore è tenuto a corrispondere solo il capitale ricevuto e non anche gli interessi. Diversamente se si fosse invece applicata la regola generale dell'art. 1419 c.c.(nullità dell'intero contratto) il mutuatario avrebbe dovuto restituire l'intero importo del mutuo, ovvero sia il capitale che gli interessi.
Il mutuo può essere tanto originaria quanto sopravvenuta. Originaria quando fin dalla stipula del contratto di mutuo sono applicati interessi ultralegali ovvero interessi che eccedono il tasso soglia previsto. Sopravvenuta quando i tassi diventano
tassi illegali e usurai solo durante il regolare ammortamento del mutuo e non erano invece tali al momento della stipula.
La vecchia formulazione degli articoli 644 c.p. prevedeva, per aversi il reato di usura, lo stato di bisogno economico del mutuatario e la sproporzione tra le prestazioni tra dato e avuto. La vecchia formulazione dell'art. 1815 c.c. prevede che qualora ci fossero interessi ultralegali questi si riducessero alla somma legale. Oggi invece la nuove formulazione dell'art. 644 c.p. prevede il reato di usura a prescindere dallo stato di bisogno e dalla sproporzione tra le prestazioni; mentre la nuova formulazione dell'art. 1815 c.c. prevede la nullità della clausola degli interessi e dunque questi non vanno proprio corrisposti diversamente dalla vecchia formulazione secondo la quale gli interessi si riducevano a quelli legali. Orbene il mutuo diventa GRATUITO. la modifica di questi due articoli avviene nel 1996 con la legge 108. Tale nuova legge non prevedeva però il caso di usura sopravvenuta. A dirimere tale questione si sono alternate 2 tesi; la prima tesi contro l'usura sopravvenuta affermava che era rilevante il tasso previsto al momento della stipula del contratto e quindi era assolutamente irrilevante il tasso sopravvenuto; una seconda tesi invece a favore dell'usura sopravvenuta affermava che era rilevante anche l'usura sopravvenuta, in questo caso quindi anche se i tassi divenivano usurari durante il pagamento del mutuo questi erano nulli e quindi il mutuo diveniva gratuito. A dirimere questa diatriba dottrinale è intervenuto il legislatore con la legge 24 del 2001 il quale all'art. 1 afferma che: "Ai fini dell'applicazione dell'articolo 644 del codice penale e dell'articolo 1815, secondo comma, del codice civile, si intendono usurari gli interessi che superano il limite stabilito dalla legge nel momento in cui essi sono promessi o comunque convenuti, a qualunque titolo, indipendentemente dal momento del loro pagamento". Tale legge prevedeva la non retroattività della legge 108/96 e la non ammissibilità dell'usura sopravvenuta.
Nonostante tale intervento legislativo il quale ammetteva la non applicazione della normativa antiusura all'usura sopravvenuta e quindi il mutuo restava ugualmente in vita come se nulla fosse successo, abbiamo avuto una tesi maggioritaria che si rifaceva al principio costituzionale dell'art. 2 della costituzione italiana, il quale affermava comunque che l'usura sopravvenuta dovesse essere riconosciuta come illegale in virt๠del mancato rispetto del principio di buona fede ex art. 1375 c.c. il quale afferma: "il contratto deve essere eseguito secondo buona fede".
A seguito di tutto ciò è intervenuta la Suprema Corte di Cassazione a Sezioni Unite la quale con la pronuncia numero 24675 ha espressamente disconosciuto la rilevanza dell'usura sopravvenuta sia per i mutui stipulati anteriormente all'entrata in vigore della legge 108/96 che successivamente, negando l'applicazione del principio di buona fede ex art. 1375 c.c..